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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2011 alle ore 08:18.

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Sconfitto un anno fa ai quarti di finale degli Internazionali d'Italia, dopo oltre tre ore di lotta con Fernando Verdasco, Novak Djokovic pareva quasi avviato verso l'infelice destino di campione mancato.

Non aveva certo brillato il serbo in quello scorcio di stagione, né lo aveva fatto nell'anno precedente. Lontani, ormai, i giorni del primo Slam australiano, Nole non riusciva a cogliere un risultato di prestigio dal Masters del 2008. Il futuro da dominatore, forse perfino da numero uno del mondo, da più parti preconizzato sembrava farsi ogni giorno più evanescente…
Oggi, a dodici mesi di distanza, il fuoriclasse che alza il trofeo a Roma è un altro uomo. Un tennista capace di conquistare sette titoli da gennaio e di infilare un'incredibile striscia di 37 vittorie consecutive (39 se contiamo i due successi di fine 2010). Ha piegato, inoltre, Rafa Nadal tutte e quattro le volte che l'ha incontrato quest'anno, diventando il primo giocatore in grado di schiacciare ripetutamente la macchina da guerra iberica sulla terra battuta. E, se tutto questo non bastasse, a metà maggio risulta già matematicamente qualificato per il Masters di novembre. Al di là di quello che dice il computer, Nole è il vero numero uno del mondo in questo momento.

Si direbbe che il serbo abbia, semplicemente, disimparato a perdere. Così non è bastato, l'altro giorno ad un Murray mai tanto incisivo sul rosso, arrivare a servire sul 5/4 del terzo set per interrompere la serie positiva di Nole. Né è servito a Sua Maestà, il re della terra, Rafael Nadal incontrare un avversario affaticato da una semifinale durissima. Perché qualcosa è decisamente cambiato nel gioco e nella testa di Novak, l'uomo che non sa più che cosa sia la sconfitta.
Ecco, dunque, che l'attesa e annunciata rivincita del maiorchino, sull'amato centrale di Roma, si è trasformata in un altro Djokovic- show. Sotto gli occhi increduli dello stesso Nadal, al Foro Italico andava in scena una replica della finale madrilena di una settimana prima. A nulla serviva la pioggia che aveva rallentato il campo né tanto meno la lunga sfida con Murray del giorno prima che avrebbe dovuto lasciare lo slavo privo di energie.

Una partenza piuttosto lenta con i due tennisti insolitamente fallosi che approdavano in equilibrio sul tre pari poteva trarre in inganno gli spettatori. Ma era un'illusione destinata a durare poco e, già al settimo gioco, Nole accendeva i motori e metteva a segno il primo break. Rafa, dal canto suo, non stava certo a guardare e restituiva subito il favore all'avversario, deciso a non lasciarsi spodestare dal trono romano. Ma sul 5/4, con l'iberico al servizio, Novak non perdonava e, con uno dei suoi micidiali rovesci, siglava un 6/4 portato a casa in poco meno di un'ora.
Quello che si vedeva in campo non era certo il miglior Nadal, recidivo nel tirare troppo corto e più impreciso del solito. D'altra parte, a Rafa non era mai capitato di ricevere un trattamento simile sulla sua superficie preferita. In una sorta di contrappasso tennistico, l'iberico subiva la stesso martellamento incessante che era abituato ad infliggere ai malcapitati rivali. Puntualmente, Djokovic vinceva gli scambi più lunghi e massacranti, quelli dai quali con lo spagnolo si esce sempre sconfitti. Di nuovo, il numero uno perdeva quasi tutte le volte che ingaggiava un braccio di ferro con il suo avversario che, incredibile a dirsi, lo superava in potenza, precisione e, perfino, in regolarità.

Dalla racchetta del campione di Belgrado saettavano rovesci fulminanti, cross che parevano colpi da ping-pong, dritti micidiali che andavano a spolverare le righe. Così, sull'1/0 del secondo set, dopo un game di quasi 12 minuti, il serbo strappava di nuovo il servizio al mancino di Manacor. Recuperato subito lo svantaggio con un moto d'orgoglio, Rafa provava ad ingaggiare una sfida all'ultimo sangue.
Se fosse riuscito a portare il match al terzo set, avrebbe potuto sperare in un crollo fisico di Nole. E questo Nadal lo sapeva bene. Ancorato a tale speranza, lo spagnolo riusciva a far tornare la partita in uno stato di equilibrio, esattamente in quel punto nel quale bastano pochi quindici, da una parte o dall'altra, per fare la differenza. Sfortunatamente per l'iberico, quei punti li avrebbe messi a segno ancora una volta un incrollabile Djokovic, capace di procurarsi tre match-point consecutivi sul 5/4. Con il servizio a disposizione, Rafa avrebbe annullato i primi tre, confermando la proverbiale grinta e l'indomito carattere. Ma lo sforzo si sarebbe rivelato insufficiente contro questo immenso Nole che, alla quarta occasione, avrebbe chiuso la partita con un doppio 6/4.

Finisce così l'era Nadal sul rosso? Assolutamente no. Lo spagnolo tornerà a vincere e non solo sulla superficie preferita, non dubitate. Al Roland Garros, dove si gioca al meglio dei tre set su cinque, il favorito rimane ancora lui. E batterlo, sui campi parigini, sarà molto più difficile soprattutto se riuscirà a recuperare una migliore condizione atletica. E' vero che lo Slam francese incomincia questa settimana e che Nadal ha, probabilmente, commesso un serio errore di programmazione. Partecipare a Montecarlo, Barcellona, Madrid, Roma e Parigi in un mese e mezzo è troppo anche per lui. Arrivando sempre in finale, infatti, ha giocato quasi ininterrottamente e adesso sta pagando la stanchezza accumulata.

Una cosa, però, è certa. La nuova sfida tra lui e Nole, vicinissimo a scalzarlo dalla prima posizione, rende entusiasmante lo scorcio di stagione sul rosso, facendo vivere al pubblico emozioni quasi dimenticate dai tempi delle super-sfide con Federer (come la finale di Roma del 2006). Se, poi, Murray dovesse confermare lo stato di forma delle ultime due settimane e, magari lo svizzero svegliarsi dal letargo, al Roland Garros ne vedremmo delle belle…

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